Si tratta di Flavio Libio Severo, che ricoprì la carica di Pontefice Massimo dal 461 al 465 dopo Cristo. Sconfisse gli Alani e morì avvelenato in circostanze misteriose. 

Tra i numerosi cittadini illustri di Policastro Bussentino (la Pixous greca e la Buxentum romana), prestigioso centro storico dell'omonimo Golfo, merita particolare menzione, per la grande importanza della sua carica, Flavio Libio Severo, Imperatore Romano e Pontefice Massimo dall'anno 461 al 465 d.C.

Ad accertarne le origini sono Cassiodoro ed altri storici antichi, i quali riferiscono che Libio Severo era nato in Lucania, esattamente a Buxentum, intorno al 420, figlio di ricchi proprietari terrieri. Personaggio di esemplare condotta, generoso, pio e di condizione agiata, ricopriva l'incarico di funzionario imperiale, quando, il 20 novembre dell'anno 461, venne acclamato imperatore di Roma, a Ravenna, grazie ai maneggi del generalissimo Ricimero - di origine sveva e nipote del re visigoto Vallia - che, ormai padrone assoluto dell'Impero, aveva tutto l'interesse ad eleggere un personaggio che non lo ostacolasse nella sua azione politica e militare.

Il "magister militum", infatti, aveva fatto imprigionare e uccidere l'imperatore Maggioriano, predecessore di Libio Severo, perché ne aveva intuito le aspirazioni e le intenzioni di governare senza condizionamenti. L'insonne e furbissimo Ricimero, comandante in capo delle milizie occidentali romane, anche se barbaro, comprendeva bene che un bestione come lui, alto due metri e largo uno, con baffi e  capelli rossicci, che con fatica ruminava qualche parola di latino, non poteva sedersi sul trono che era stato di Marco Aurelio e di Traiano. Alla ricerca d'un uomo di modeste aspirazioni, aveva perciò rivolto l'attenzione su questo pacioso funzionario lucano, sicuro che questi si sarebbe prestato al gioco meglio del suo predecessore.

L'elezione di Flavio Libio Severo non venne, però, riconosciuta dall'imperatore d'Oriente Leone I e dalle province della Gallia e della Dalmazia che gli rifiutarono obbedienza. Ridotta la sua autorità alla sola Italia, cercò di contrastare le scorrerie dei Vandali che, con le loro azioni predatorie nel Mediterraneo, colpivano ripetutamente anche le coste meridionali italiane. Radunato un forte esercito con a capo il capitano goto Rithiner, riuscì a sconfiggere, nei pressi di Castellabate, il selvaggio Berigo, re degli Alani, che vi si era insediato stabilendo il suo quartier generale su un pianoro, detto oggi "Piano della Corte".

La sua azione politica, comunque, non fu di particolare spessore e la sua carriera d'imperatore finì com'era iniziata, cioè per mano di Ricimero che, con ogni probabilità, lo fece avvelenare  a Roma, il 15 agosto del 465.

A Policastro sono state rinvenute alcune monete romane  recanti la sua effige (foto).


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